Il Mondo Nuovo di Aldous Huxley
Gli individui vengono infatti concepiti e allevati in provetta e programmati, in una complessa catena di montaggio, da parte di ingegneri genetici, attraverso op- portuni dosaggi chimici di sostanze nutritive che ne determinano a priori il livel- lo di intelligenza e del carattere. In tal modo tutti gli esseri umani vengono pro- grammati (in numero chiuso) per divenire gli obbedienti e acritici componenti di un certo numero caste che strutturano gerarchicamente la società. L’ordine so- ciale è inoltre rafforzato da una serie di condizionamenti psicologici e ipnotici che vengono loro somministrati fin dai primi giorni di vita. Ogni disagio personale vie- ne infine rimosso attraverso l’assunzione di una particolare droga (il “soma”) che cancella immediatamente ogni stato di ansia o infelicità. La società è dunque con- cepita per essere perfetta, senza increspature, fonte di felicità permanente per tutti i suoi componenti. Il bisogno di libertà (che neppure i dosaggi chimici più sofisti- cati degli ingegneri genetici sono riusciti a estirpare completamente dalla natura umana) viene soddisfatto tramite la pratica di una completa libertà sessuale degli individui che vengono continuamente incoraggiati (talvolta persino obbligati) ad avere una molteplicità di rapporti dai quali sono rigorosamente banditi tutti gli aspetti di natura sentimentale e i relativi vincoli (quelli di fedeltà, il matrimonio e via dicendo). La vicenda si complica quando appare sulla scena un personaggio nuovo, casualmente nato nel modo vietato (cioè da una donna) che per di più, avendo trovato in un vecchio baule le opere complete di Shakespeare, ragiona utilizzando le categorie classiche (amore, passione, vita, tradimento, dolore, lealtà…). In un drammatico incontro con il Governatore del Mondo Nuovo che gli prospetta i vantaggi e le comodità del nuovo sistema egli rivendica disperata- mente la sua condizione di uomo affermando: “Ma io non ne voglio di comodità. Io voglio Dio, voglio la poesia, voglio il pericolo reale, voglio la libertà, voglio la bontà. Voglio il peccato”. “Insomma – disse il Governatore – voi reclamate il diritto di essere infelice”. “Ebbene sì – disse in tono di sfida – io reclamo il diritto di essere infelice. Senza parlare del diritto di diventare vecchio e brutto e impotente. Il diritto di avere la sifilide e il cancro; il diritto di avere poco da mangiare; il diritto d’essere pidocchioso; il diritto di vivere nell’apprensione costante di ciò che potrà accadere domani; il diritto di prendere il tifo; il diritto di essere torturato da indicibili dolori di ogni specie”. Ci fu un lungo silenzio e poi aggiunse: “Io li reclamo tutti”.